Le ricche vesti drappeggiate che accompagnano le linee del corpo. L’acconciatura fiera e regale. Il viso incorniciato tra preziosi monili. E poi i piedi, vezzosi, sui sandali altissimi. Riposa così la Sacerdotessa alata, oggi speciale custode del cammino attraverso la storia della città da cui arriva: Cartagine. E’ il viaggio nel tempo di Carthago. Il mito immortale, prima grande mostra interamente dedicata a una delle più potenti e affascinanti civiltà del mondo antico, fino al 29 marzo negli spazi del Colosseo e del Foro Romano, nel tempio di Romolo e nella Rampa Imperiale. Oltre 400 reperti, tra prestiti delle maggiori istituzioni museali del Mediterraneo e anche qualche inedito per raccontare ”l’altra” Cartagine e il suo lungo rapporto con Roma. ”Una mostra – racconta il direttore del Parco archeologico, Alfonsina Russo, curatrice dell’esposizione insieme a Francesca Guarnieri, Paolo Xella e José Angel Zamora Lopez con Martina Almonte e Federica Rinaldi – per superare gli stereotipi che il mondo moderno e contemporaneo ha dato a Cartagine, da sempre una città aperta sul Mediterraneo ma che ancora oggi viene vista come l’alterità, il nemico”. Si, perchè Cartagine noi l’abbiamo sempre vista con gli occhi di Roma, raccontata dai Romani e dalle loro fonti letterarie. ”Una prospettiva in realtà – spiega la Russo – molto condizionata dalla rivalità tra le due città”. Ma proprio i più recenti scavi e le ricerche degli ultimi decenni hanno avviato una diversa riflessione. Tra opere d’arte, reperti archeologici, apparati multimediali, si va dalle origini fenicie della città nel IX secolo a.C. alla Cartagine cristiana del VI d.C,., ripercorrendo la storia della sua cultura e dei suoi abitanti, l’espansione nel Mediterraneo e la ricchezza degli scambi commerciali e culturali tra le guerre puniche e l’età augustea, il complesso processo di romanizzazione che portò Roma ad annientare la sua temibile rivale nel controllo dei mari nella battaglia delle Egadi (241 a.C) e ancora la nuova Colonia Concordia Iulia Carthago, città monumentale tra ricchissimi edifici e mosaici spettacolari. Tra le ”novità in mostra – racconta Paolo Xella – anche la ricostruzione del Moloch del film Cabiria del 1914 di Giovanni Pastrone e Gabriele D’Annunzio, divinità mostruosa che in realtà non è mai stata venerata dai cartaginesi, ma a loro addossata nel periodo classico e poi in età moderna da autori come Flaubert”. Ma ecco anche monili, le corazze del grandioso esercito, inediti rostri forgiati delle navi in arrivo dalle Egadi (risultato delle campagne della Soprintendenza del Mare Sicilia), sarcofagi a raccontare il culto della morte, la ricostruzione della Casa della voliera, il culto di Didone e di Saturno, i ritratti di Scipione l’Africano, fino alla ieratica Dama di Cartagine, ne’ uomo ne’ donna, con il suo scettro, simbolo della massima espansione della città nel V-VI d.C. Ogni martedì, poi, in programma incontri, eventi, artisti e cinema per raccontare invece ”la Cartagine di oggi e la cultura contemporanea tunisina – aggiunge la Russo – Un percorso che è quindi non solo di grande interesse scientifico, ma che pone al centro anche il tema della convivenza tra popoli, tradizioni e lingue. Spero – conclude – che la mostra possa attrarre anche i giovani e far meditare sul valore del dialogo tra popoli e genti diverse”.
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