I soldi investiti dai cittadini italiani corrispondono al doppio del debito pubblico. È quanto emerge dai dati forniti dalla Banca d’Italia e analizzati dalla Fabi, il sindacato autonomo dei bancari. Infatti, i soldi investiti dalle famiglie italiane al 31 marzo 2018 erano 4.406 miliardi di euro (mediamente quasi 73.000 euro a persona), mentre il debito pubblico aveva raggiunto la cifra di 2.302 miliardi di euro (che corrisponde a circa 38.000 euro per ogni cittadino italiano).

Il confronto con gli altri Paesi europei è favorevole all’Italia: tra i cittadini europei gli italiani sono al primo posto nel rapporto tra ricchezza finanziaria in relazione al reddito annuo disponibile. Gli investimenti rappresentano infatti oltre il triplo del reddito annuo, mentre le passività si fermano all’80% rispetto alle entrate annuali. Pertanto, il patrimonio mobiliare netto delle famiglie italiane corrisponde a 2,21 volte il reddito annuo. I cittadini del Regno Unito detengono al netto il 2,10 del reddito, i francesi l’1,59, i tedeschi l’1,25, gli spagnoli arrivano soltanto allo 0,84 del reddito annuo. La media dell’Unione Europea è 1,37. Gli italiani continuano a dimostrarsi un popolo di risparmiatori e quindi di investitori.

D’altra parte l’Italia ha il più grande debito pubblico d’Europa. L’ultimo dato, riferito al 31 luglio 2018, stabilisce l’ennesimo record assoluto: 2.341,7 miliardi di euro. Di conseguenza si potrebbe dire che gli italiani (mediamente) hanno i portafogli pieni di denaro mentre il fisco ha le tasche bucate. In altre parole gli italiani finanziariamente in media stanno molto bene, ma a scapito della cassa comune.

Viene da pensare che in Italia ci sia una parte dei cittadini che non contribuiscono in modo adeguato alle spese pubbliche. Un effetto determinato da diversi fattori e da scelte di politica fiscale: una enorme sacca di evasione ed elusione fiscale, l’introduzione di diverse forme di tassazioni proporzionali e forfettarie, la progressiva diminuzione delle aliquote delle imposte sui redditi più elevati.

Di fronte a questo scenario il Governo e il Parlamento potrebbero intervenire per riequilibrare una situazione palesemente sbilanciata. Secondo logica e giustizia dovrebbero chiedere di contribuire di più a chi può dare di più. Tutto ciò si potrebbe concretizzare per esempio con un aumento delle imposte per i contribuenti più ricchi, con l’obbligo del cumulo di tutti i redditi per evitare le elusioni fiscali, con una lotta più serrata a chi evade le tasse, con la messa al bando di qualsiasi tipo di condono per chi finora non ha contribuito in modo adeguato alle spese comuni. Invece, con la prossima legge finanziaria molto probabilmente verrà introdotta la “flat tax”, cioè di fatto una diminuzione di imposta per i contribuenti più ricchi.

Non solo: stando ad alcuni reiterati annunci, il Governo si appresta ad aumentare il deficit, forse anche oltre i parametri europei (è il caso di ricordare che il Trattato di Maastricht, che pone il limite del 3% al deficit annuo, è stato firmato volontariamente anche dall’Italia). Questa scelta è palesemente in contrasto con il “contratto di Governo”, sottoscritto dai due partiti di maggioranza (Lega e M5S), che prevede – oltre alla riduzione delle tasse – anche la diminuzione del debito. Se il disavanzo annuo aumenta, è alquanto difficile che il debito complessivo cali.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato pubblicamente che non firmerà una legge di bilancio che metta a repentaglio la stabilità finanziaria del Paese. Anche in questo caso si tratta di una legittima prerogativa del Capo dello Stato, che ha il compito di rispettare e far rispettare la Costituzione. È il caso di rammentare quanto stabilito all’art. 97: “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”. A quanto pare in Italia periodicamente riemerge il rischio che la Costituzione venga considerata un optional: da rispettare soltanto quando conviene.

Purtroppo, le promesse elettorali e programmatiche di chi va al Governo spesso non corrispondono alla realtà. Alcide De Gasperi, il grande statista del dopoguerra, ai politici diceva: “cercate di promettere un po’ meno di quello che pensate di realizzare se vinceste le elezioni”. Evidentemente il suo suggerimento è stato dimenticato. Ma non è soltanto un problema della classe politica. È il caso di ricordare un altro monito, che riguarda gli elettori. Come scriveva Berbard Baruch: «Vota per quello che promette di meno, sarà quello che ti deluderà di meno». Anche questo consiglio non è stato ascoltato.

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